By Aaron Preziosi
Abstract
This text offers a translation into Italian and also an expansion of an article I wrote covering the visit to UMass Lowell (UML) of the celebrated Italian writer Dacia Maraini. The original, English version was published in the Fall 2024 issue of The Connector: Writer Dacia Maraini visits UMass Lowell.
Maraini’s visit, organized by Fabiana Viglione of the Department of World Languages and Cultures, involved a presentation of her latest book, Vita mia. She spoke about her formative experiences being imprisoned with her family in Japan during World War Two. I attended the event as a student in Giulia Po DeLisle’s “Italian 4 and Culture” course with the additional goal of covering it for the paper. The conversation, which was in English, was very enlightening. I had never been able to listen to someone who had lived through World War Two and found the Japanese context of her experiences interesting. In my text, I attempted to highlight the stories and insights that had the most impact on me. Translating the quotes was a fascinating process since Maraini’s native language is Italian, and I am sure that the Italian she would have used is different from what I offer here. Still, my intention is to provide a version of this visit that will be accessible to Italian readers who are interested in her work.
“Dacia Maraini e Vita mia”

Dacia Maraini parla agli studenti ad Allen House.
Il 20 novembre 2024, la rinomata scrittrice italiana Dacia Maraini ha visitato UMass Lowell per una conversazione sul suo ultimo libro, Vita mia. L’evento, organizzato dalla Professoressa Fabiana Viglione del Department of World Languages and Cultures, ha avuto un grande successo e Maraini è stata accolta da un pubblico molto numeroso ad Allen House.
Pubblicato nel 2023, Vita mia è un memoir profondamente personale che esplora le esperienze d'infanzia della scrittrice all'interno di un campo di prigionia giapponese durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale a seguito del rifiuto della sua famiglia di giurare fedeltà alla Repubblica fascista di Salò. La famiglia abitava in Giappone in quegli anni perché il padre di Dacia Maraini era un professore presso l’università di Kyoto. Nel libro, la scrittrice descrive la sua esperienza nel campo e descrive le lotte della sua famiglia contro la fame e gli abusi subiti, ripercorrendo i ricordi traumatici di quegli anni che hanno indelebilmente mutato il corso della sua vita.

Pubblico ad Allen House.
Nella sua conversazione, Maraini ha detto che tante volte aveva provato a raccontare l’esperienza della sua prigionia, ma non era mai riuscita a portare a termine il suo racconto perché era troppo doloroso: “ho iniziato molte volte, ma ho sempre smesso perché era doloroso per me. È stato come aprire una ferita.” Tuttavia, a causa delle crescenti tensioni e guerre che stanno coinvolgendo diversi paesi, ha sentito la necessità di riprendere in mano quel passato e scriverlo: “Ci sono molte guerre in tutto il mondo, e qualcosa sta cambiando. Qualcosa di molto pericoloso sta accadendo. Così, ho detto: ‘Devo finire questo libro,’ e l'ho fatto. Mi sono forzata a finire il libro,” ha confessato davanti al numeroso pubblico che era in sala. Scrivere il libro è stato anche un modo per riavvicinarsi al passato e modificare il suo rapporto verso questo suo passato: “Mentre stavo scrivendo il libro, ho capito che la mia relazione con il passato stava migliorando. E questa era una buona cosa,” ha affermato la scrittrice, sottolineando il ruolo benefico della scrittura nella rielaborazione dei traumi.
Maraini ha anche spiegato come la prigionia in Giappone ha profondamente influito sul suo rapporto con il cibo: “il cibo era diventato mitologia. La mitologia nasce dalla necessità. [...] Quando avevo qualcosa, per esempio un pezzo di pane, una patata, del riso... lo nascondevo. Come fanno i cani. Ho sempre pensato che forse domani non avrei avuto nemmeno quel pezzo di pane.” La scrittrice, quindi, nascondeva il poco cibo che le veniva dato per paura e questo comportamento è continuato anche dopo la loro liberazione. Maraini ha raccontato infatti che dopo il suo ritorno in Italia aveva continuato a nascondere piccoli pezzi di pane o di formaggio sempre nel terrore di non avere da mangiare nei giorni a seguire. Ha anche osservato che lei non è una grande mangiatrice, ma ama guardare il cibo, un’azione che corrisponde al sentimento di nutrire se stessi con l’“immagine” del cibo e che si lega alla sua idea del cibo come un qualcosa che diventa mitologia in situazioni di gravi scarsità. “Anche ora” ha detto al pubblico, “se sono davanti a un negozio di alimentari, posso stare lì per mezz’ora solo per guardare e pensare quanto meraviglioso sembra. Non sono una grande mangiatrice. Non mi interessa molto il cibo, ma guardare, sì, è una mitologia.”

Dacia Maraini insieme alla Professoressa Viglione e la professoressa Po DeLisle.
Ai giovani in sala, Maraini ha lanciato un messaggio molto chiaro: “Se vuoi cambiare qualcosa, devi credere nel futuro. Devi fare qualcosa. Noi costruiamo il futuro.” Ripensando di nuovo ai suoi giorni di prigionia ha aggiunto: “Quello che ho imparato è stato a resistere. Mai arrendersi.” La madre è stata una figura chiave per lei nel forgiare la sua personalità: “Mia madre ha sempre resistito, anche quando non poteva camminare. Anche quando aveva le gambe paralizzate.” Non stupisce, dunque, che la politica, l’antifascismo, la giustizia sociale, il femminismo e i diritti delle donne e l’oppressione siano temi centrali nell’opera di Dacia Maraini.
Dacia Maraini è innegabilmente una delle figure più influenti della letteratura moderna, non solo in Italia ma nel mondo. I suoi testi sono stati tradotti in molte lingue, tra cui l’inglese; quindi, invito tutti a leggere i suoi libri. Ascoltare le parole di Dacia Maraini, il suo racconto della prigionia e le sue idee è stato di grande ispirazione e al termine della conversazione sono uscito da Allen House con una comprensione più approfondita del passato e dei mali della società, e con un forte desiderio di fare qualcosa per migliorare il mondo.
Biographical Statement - Aaron Preziosi
I am a fourth-year Journalism and Professional Writing student at UML. Working as the Arts and Entertainment Editor for UML’s student-run newspaper The Connector, I cover everything from TV shows to movies, music and video games. I also enjoy writing about food and culture. My goal is to uplift the voices of others in my work, using my editorial skills to connect and inform people in my community.