By Tierney Roggiolani
Abstract
This essay analyzes Amara Lakhous’s novel Clash of Civilizations Over an Elevator in Piazza Vittorio, one of the books assigned in Giulia Po DeLisle’s course “Black Italy.” Clash of Civilizations is a murder mystery involving the Italian citizens and migrants who live in an apartment building in Rome. This essay focuses on the White Italian citizens, revealing the prejudices they have against non-White migrants as well as against White Italians that come from regions of the peninsula that are different from their own places of origin. The voices of the characters overlap, and readers are left wondering who is truly Italian and questioning the concept of Italian identity.
Chi sono i veri italiani Riflessioni sui personaggi di Scontro di civiltà per un ascensore in Piazza Vittorio di Amara Lakhous
Il libro Scontro di civiltà per un ascensore in Piazza Vittorio di Amara Lakhous racconta la storia di alcuni personaggi immaginari, provenienti da diverse parti del mondo e da diverse parti dell’Italia, che vivono in un condominio nel quartiere dell’Esquilino a Roma. Ogni personaggio ha una sua storia personale e un suo passato che lo influenzano. Attraverso l’interazione dei personaggi, Amara Lakhous mostra storie di razzismo e di pregiudizi comuni in Italia. Il mio tema si concentra su tutti i personaggi di cittadinanza italiana e sulle loro reazioni e i loro sentimenti non solo nei confronti dei migranti, ma anche nei confronti di altri italiani che abitano nel palazzo. La maggior parte dei personaggi italiani manca di empatia verso chi viene da altri paesi e da altre città italiane, mostrando molta crudeltà, una mentalità chiusa e piena di pregiudizi, e anche molta ignoranza. In generale, il romanzo ci mostra un micromondo in cui viene messa in discussione la definizione dell’identità italiana. “Chi è davvero italiano?” viene da chiedersi leggendo il libro.
Benedetta, una donna napoletana che per una vita intera ha lavorato come portiera del palazzo di Piazza Vittorio, odia per esempio “la filippina”. Questa donna, nella sua opinione, fa la vita bella: mangia, beve, non lavora e non paga le tasse. Ma la verità è che Benedetta non sa niente di questa donna che lei chiama “la filippina” e in realtà si chiama Maria Cristina ed è originaria del Perù. L’idea di Benedetta non è fondata su fatti, ma radicata nella gelosia che lei ha verso tutti gli altri. Benedetta è cresciuta al sud e come tanti emigrati del sud Italia dopo la Seconda Guerra Mondiale ha anche lei subito lo stesso tipo di mentalità crudele che ora mostra contro la filippina. Anche lei era considerata un’estranea a Roma appena era arrivata. Ma Benedetta esprime opinioni senza davvero conoscere le persone su cui esprime giudizi. Fin dall’inizio del romanzo, l’autore ci vuole dire che molti problemi sociali sono basati su pregiudizi e non sui fatti che si sono sviluppati negli anni della grande migrazione al nord. Amara Lakhous ci fa capire che l’atteggiamento di Benedetta è sciocco, assurdo, ignorante, tanto che a lei non interessa neanche conoscere da dove viene davvero Maria Cristina, assegnandole un’origine filippina che non rispecchia la realtà.
Dopo l’omicidio del Gladiatore nell’edificio, inoltre, Benedetta pensa subito che sia stato un immigrato a uccidere questo personaggio che scopriamo essere un vero fascista. Ma Benedetta dice anche “non ci sta differenze tra Catania e Napoli. Tra Bari e Potenza, tutti veniamo dal sud… Che male ci sta, alla fine siamo tutti italiani” (66). Siccome lei viene da Napoli, non vuole essere il bersaglio di questa indagine e vuole assicurarsi che tutti sappiano che il problema sono gli immigrati e non lei che viene da Napoli. Questo ci fa capire che ci sono delle differenze e pregiudizi anche tra gli abitanti delle varie regioni italiane.
Elisabetta è un’altra donna che vive nell’edificio. Anche lei è cittadina italiana e crede alle cose false che si dicono sugli immigrati. Elisabetta è innamorata del suo cane, ma quando scompare, lei crede subito che siano stati i cinesi che vivono nella zona intorno a lei ad averlo rapito. Lei ha sentito dire che i cinesi mangiano i cani e ha subito pensato che fosse vero perché gli immigrati sono considerati strani. Elisabetta si sente orgogliosamente italiana, di Roma. Anche attraverso questo personaggio, poi, l’autore chiarisce l’importanza della propria provenienza all’interno dell’Italia: Elisabetta sente il bisogno di dimostrare di essere migliore di persone che vengono da un’altra parte dell’Italia e dice, “Lo sanno tutti che Marina è sarda, e la Sardegna è famosa per i rapimenti” (102). La Sardegna fa parte dell’Italia ed Elisabetta sostiene che i sardi sono in qualche modo inferiori ad altri italiani come lei. Poi continua e dice: “Non avete ancora capito che c’è un'alleanza segreta tra i sardi e i cinesi?” (102). Elisabetta, quindi, continua riaffermando la sua superiorità e i suoi pregiudizi verso gli stranieri e dicendo che chiunque non sia la sua definizione di ‘vero italiano’ lavora per distruggere l’Italia: “Non abbiamo bisogno degli immigrati. È veramente assurdo che insegniamo loro l’italiano, diamo alloggio, lavoro, e loro ci ricambiano spacciando la droga nei giardini pubblici e stuprando le nostre figlie. È veramente troppo!” (106). Elisabetta descrive i “veri italiani” come persone che lavorano e pagano le tasse, anche se molti immigrati fanno entrambe le cose. Dice anche cose malvagie contro gli zingari: “Questo zingaro cretino, delinquente, razzista merita l'espulsione immediata dall'Italia. Però il problema è che gli zingari non hanno un paese preciso dove possono essere rispediti!” (104). La cosa assurda è che Elisabetta non crede di essere razzista, e continua ad accusare gli altri per difendere se stessa. Si scaglia contro la donna di origini sarde, Marina, e i cinesi per proteggersi da quello che potrebbe essere detto su di lei. Come Benedetta, crede di essere sincera quando parla degli altri e non riesce a trovare la linea di demarcazione tra le bugie e le dicerie. Amara Lakhous ci fa capire che Elisabetta non capisce che sta facendo qualcosa di sbagliato e che le bugie sono diventate la verità con cui convive, bugie profondamente incise nella mente collettiva.
Antonio Marini è un altro personaggio italiano. Originario del nord Italia, Antonio lavora come professore a Roma e questo dettaglio è importante perché mostra che il problema dei pregiudizi è presente non solo nelle persone non istruite. È cresciuto a Milano, una città che spesso guarda dall’alto in basso le parti d'Italia che si trovano più a sud. È un professore di storia e dovrebbe essere un italiano istruito che capisce da dove vengono questi pregiudizi e come stanno danneggiando il paese. Ma il personaggio di Antonio conferma le divergenze che questo pregiudizio provoca all'interno dell’Italia. Questo tipo di antipatia per le altre persone non avviene per caso, si tratta di pregiudizi che, di generazione in generazione, si sono accumulati a partire dagli anni della migrazione degli abitanti del sud Italia verso le regioni industrializzate del nord. È un sentimento che si diffonde: i milanesi disprezzano i romani, i romani disprezzano i napoletani, e tutti disprezzano a loro volta gli immigrati. Ad Antonio non piace Roma, pensa che i cittadini siano pigri e incivili: “La pigrizia è il cibo quotidiano dei romani” (136), lui dice, e non crede che le persone di Roma siano veri italiani perché non corrispondono al suo prototipo di italiano. Il professore aggiunge anche: “Io consiglio sempre ai miei studenti di leggere Cristo si è fermato a Eboli, il bellissimo libro di Carlo Levi, per capire come il sud sia nato nella pigrizia e nel sottosviluppo” (138), ma questo mostra anche una sua lettura parziale del libro di Levi. Antonio insegna ai suoi studenti a perpetuare pregiudizi e stereotipi come verità. Come si può cambiare mentalità se un professore insegna verità distorte? E come si può fare a capire se la memoria condivisa è stata contaminata? Antonio afferma anche: “Io non sono razzista” (138). Amara Lakhous vuole assicurarsi che il lettore capisca che gli italiani non hanno problemi a credere di non essere razzisti, e chiamarli così sarebbe un grande insulto. Invece, Antonio crede di essere molto istruito e di conoscere la pigrizia meridionale dal punto di vista culturale. Il ciclo di menzogne insegnate e prese per verità è accaduto ad Antonio e ora sta facendo lo stesso con i suoi studenti. Ci viene mostrato che i problemi in Italia sono molto più profondi di quanto si pensi e non sono solo le persone ignoranti ad agire in base a voci e giudizi che hanno sentito da altri italiani, ma anche persone istruite. Queste storie di pigrizia del sud del paese risalgono a generazioni passate e si sono radicate all’interno dell'Italia.
Sandro Dandini è un altro personaggio italiano che compare nel testo di Lakhous. È il proprietario di un bar che si trova nella zona vicino agli appartamenti. Lui afferma di avere molta familiarità con gli immigrati e di non avere problemi con loro nel suo bar. Lui sembra “tollerare” i migranti, ma la tolleranza, come ci insegna Geneviève Makaping in Reversing the Gaze, non è l’opposto del razzismo, ma deriva da esso. Il comportamento “tollerante” di Sandro non lo rende troppo diverso dagli altri personaggi che abbiamo visto sopra. Lui afferma ad esempio: “Gli immigrati leggono solamente Porta Portese per vedere gli annunci di lavoro” (170), e questo ci fa capire che non ha molta considerazione di loro. Inoltre, anche se Sandro non sembra avere un problema con gli immigrati, come Elisabetta, fa capire il suo odio verso altri italiani: “Io non sono razzista, però non sopporto i napoletani” (172). Lui è di Roma e non si fida dei meridionali, soprattutto dei napoletani e dei tifosi di calcio. Il romanzo ci mostra come anche lui cerchi di assicurarsi di essere migliore di qualcun altro. Ma la cosa interessante è che poi capiamo che la famiglia dello stesso Sandro viene da un paese del sud. Lui parla di suo nonno e dice che “ha lasciato la Sicilia un secolo fa e si è stabilito nella capitale” (174). Anche suo nonno, quindi, è emigrato nella città di Roma e capiamo che altri romani potrebbero considerarlo uno straniero se lo venissero a sapere. Da Sandro scopriamo anche come, persone come lui, detestano le persone del nord: “Io non amo la gente del nord perché detiene l’intera ricchezza del paese. Fiji de 'na mignotta! Pensano solo ai loro interessi” (178). Sandro sembra avere problemi con tutti: odia i napoletani perché hanno una squadra di calcio forte, odia il nord perché a loro non piace il sud e hanno maggiore ricchezza. Inoltre, commenta negativamente sui migranti in cerca di lavoro e, anche se pensa di non avere pregiudizi su di loro, capiamo bene che non è così.
Mauro Bettarini è un agente di polizia che lavora sul caso di omicidio del Gladiatore. Ha familiarità con gli immigrati e ha anche aiutato alcuni di loro a risolvere alcuni problemi, ma il suo è un altro esempio di “tolleranza” perché li aiuta solo quando crede che un italiano li stia difendendo. Lui dice anche che: “Molti chiedono l'espulsione degli immigrati delinquenti perché la metà dei detenuti nelle carceri italiane sono stranieri” (236), ma anche se è vero che la metà delle persone che sono arrestate e accusate di reati in Italia sono immigrati, è anche importante riconoscere la retorica dei giornali che dipinge gli italiani come i “buoni italiani” innocenti e gli immigrati come i cattivi. Anche un uomo come Bettarini, un commissario di polizia, si lascia condizionare da quello che dicono i giornali, anche sul caso che lui stesso sta seguendo. Attraverso la voce di un altro personaggio, infatti, scopriamo che i giornali iniziano a schierarsi contro Ahmed: “Quando hanno scoperto che è immigrato e non un italiano non hanno esitato ad accusarlo di omicidio” (220). Bettarini ascolta quello che le persone iniziano a dire sul caso e anche le cose che vengono scritte sui giornali e sembra credere più alle storie che si raccontano che interessarsi alle sue indagini da poliziotto. Bettarini pensa che questo sia un altro caso facile e che avrebbero messo in prigione un altro immigrato e nessuno avrebbe fatto storie. Ma per fortuna il caso viene risolto e si scopre che l'immigrato è innocente, e la vera colpevole è Elisabetta, spinta dal suo desiderio di vendetta per il rapimento e l’uccisione del cane da parte del Gladiatore. Amara Lakhous sembra dirci che gli immigrati non sono al sicuro da nessuna parte e che la polizia non è imparziale quando fanno il loro lavoro investigativo.
Stefania è l’unico personaggio che ci mostra un lato un po’ diverso degli italiani. Lei è sposata con Ahmed, il rifugiato iraniano che viene inizialmente accusato dell’omicidio, e si scontra sia con gli italiani che con gli immigrati. Insegna italiano agli immigrati in modo che possano imparare a parlare e a costruirsi una vita nel paese, ma il suo matrimonio con un immigrato desta qualche sospetto. Suo marito non vuole avere nulla a che fare con il suo passato, vuole dimenticarlo completamente per non soffrire, anche se poi alla notte ha gli incubi perché è impossibile per lui dimenticarsi davvero del suo passato. Stefania comunque non sa nulla di lui se non il fatto che vuole essere italiano. Possiamo pensare che lei abbia scelto questo studente per conoscerlo meglio, ma anche perché non l’ha esposta a nulla di sconosciuto e di estraneo, perché lui è quasi più italiano di altri italiani. In un certo senso, Stefania non sembra interessata a scoprire nulla del suo passato, lei lo ama, ma ha sempre visto solo il lato di lui che è diventato italiano: “Amedeo ha sacrificato tutto per me. Ha rinunciato alla sua patria, alla sua lingua, alla sua cultura, al suo nome e alla sua memoria” (190). Stefania vede il suo rinunciare al suo passato come ad un atto amorevole e premuroso: “Ha fatto di tutto per rendermi felice. Ha imparato l'italiano per me, ha amato la cucina italiana per me, si è fatto chiamare Amedeo per me, in breve è diventato un italiano per avvicinarsi a me” (190). Anche se non le importa che sia un immigrato, non le importa nemmeno delle sue abitudini da immigrato o del suo rapporto con il suo paese d'origine. Stefania fa molto per gli immigrati, aiutandoli a integrarsi nella cultura italiana. Questa è una buona cosa, ma la sua abitudine di cercare di sostituire la loro cultura con la cultura italiana è un altro atto di “tolleranza”. Questa “tolleranza” può essere un passo nella giusta direzione, ma non si può interpretare in modo completamente positivo. Sembra che l’unico modo in cui alcuni italiani pensano che gli immigrati possano sopravvivere nel paese sia distruggere la cultura da cui provengono e “diventare” completamente italiani.
Nel suo romanzo, Scontro di civiltà per un ascensore in Piazza Vittorio, Amara Lakhous racconta di personaggi italiani e migranti che vivono in uno stesso palazzo ma i cui rapporti sono difficili e complessi. Ogni personaggio italiano ha un’idea negativa sui migranti e/o diversa su come dovrebbe essere un italiano, un “vero italiano”. Il romanzo mette in discussione la definizione di italiano stesso, tanto che il lettore arriva a chiedersi chi è davvero un italiano perché le persone, anche all’interno dell’Italia, si spostano, migrano, hanno una storia e un passato migrante che nascondono oppure hanno pregiudizi che mettono in discussione l’identità italiana. Ahmed, poi, l’immigrato iraniano, sa la storia dell’Italia e conosce Roma meglio degli italiani e dei romani e quindi l’autore sembra sottintendere che i “veri italiani” siano allo stesso tempo tutti e nessuno.
Bibliografia
- Lakhous, Amara. Scontro di civiltà per un ascensore in Piazza Vittorio / Clash of Civilizations Over an Elevator in Piazza Vittorio, translated by Ann Goldstein. E/O, 2021.
- Makaping, Geneviève. Reversing the Gaze: What if the Other Were You? Rutgers University Press, 2023.
Biographical Statement - Tierney Roggiolani
Tierney Roggiolani was born in Falmouth, Massachusetts and is currently a junior in psychology with a minor in Italian Studies at the University of Massachusetts Lowell. Tierney’s father was born in Tuscany and moved with her mother to the United States when he was 22. Tierney enjoys traveling and learning about the history of places all over the world.